Opera title: | I Puritani |
Composer: | Vincenzo Bellini |
Language: | Italian |
Synopsis: | I Puritani Synopsis |
Libretto: | I Puritani Libretto |
Translation(s): | English |
Type: | aria,choir |
Role(s): | Lord Arturo Talbo |
Voice(s): | Tenor |
Act: | 1.12 |
Previous scene: | Ad Arturo onore |
Next scene: | Il rito augusto si compia |
Registrazione in 78 giri del tenore Giacomo Lauri-Volpi di "A TE, O CARA" effettuata IN TONO (con il do diesis sopracuto, la tonalità originale belliniana è re maggiore) negli Stati Uniti, il 16 gennaio 1928.
Lauri-Volpi debuttò il 2 settembre 1919, nei "Puritani" di Bellini a Viterbo con il soprano Rosina Gronchi, il basso Paolo Argentini e il baritono Mario Gubiani.
Come poi confiderà nelle sue memorie: «Tornai al deposito di Macerata, in attesa del congedo definitivo. Il Circolo Ufficiali possedeva, grazie al Cielo, un piano a coda timidamente nascosto in una sala interna poco frequentata. Dedicavo gli afosi pomeriggi estivi a studiare, accennando la tenera musica del Bellini, la cui tessitura arditissima richiede uno stile di canto ed una estensione vocale... Di queste esigenze non mi rendevo conto. Temevo solo che la memoria potesse tradirmi. M'ingannai. Ai primi di agosto già cantavo sottovoce l'intera partitura e toccavo con facilità il FA naturale sopracuto scritto nella frase "Ell'è spirante, ell'è tremante, Anime perfide sorde a pietà".»
Successivamente, in merito alle recite volpiane dei Puritani del 1921, il Dott. Nardello, impresario del Teatro Malibran di Venezia, ci ha lasciato questa incredibile testimonianza: «Ben raramente succede di vedere un pubblico tutto infatuato di un artista, come io ho veduto il pubblico di Venezia pel tenore Lauri Volpi. (...) Il pubblico però correva ai Puritani come se i posti gli fossero stati regalati! Alla terza e quarta recita dovetti rimandare molta, molta gente: non dico due o trecento persone, ma due o tremila!» (Venezia, Teatro Malibran, 1921)
«Toscanini si stupì, nel 1922, nell'apprendere da me che avevo cantato "I Puritani" al Malibran di Venezia nella tessitura originale, e protestò contro l'insipiente maestro che mi aveva diretto. "Questo genere d'opere, dall'anormale tessitura - m'avvertì - vennero scritte per i tenori sopranisti di un secolo fa, ed oggi vanno eseguite con ovvie e congrue riduzioni di tonalità. E' assurdo pretendere dalla voce di tenore, maschia e squillante, che emetta senza grave rischio un "re naturale" sopracuto a tutta forza, mentre quei cantori dell'epoca del Bellini, solevano cantare l'opera in "misto" e in "falsettone", molto pregiati dal pubblico di quei tempi".» (Diario di Lauri Volpi, 10 novembre 1951, tratto da “A viso aperto”, 1953)
Per quanto riguarda le note incisioni volpiane del 1928-1929 negli Stati Uniti, ecco una testimonianza di Volpi settantaseienne: « (...) Curiosa, la registrazione del "Terzetto" dell'Aida che incisi a Filadelfia accanto a Elisabetta Rethberg, cantatrice esimia per stile e preziosa omogeneità della gamma vocale, e a Giuseppe De Luca, baritono eccellentissimo per sapienza canora, duttilità di voce e ingegnosità interpretativa. Nel primo momento, ci si mise tutti e tre sulla stessa linea davanti ai microfoni. Poi si cambiò: De Luca incollò la bocca sull'apparecchio, la Rethberg fu collocata immediatamente alle spalle del baritono, ed io venni relegato a circa due metri di distanza dai due. Evidentemente, la vibrante e insurrezionale voce di Radames non riscuoteva la "simpatia" del mezzo tecnico. Ciononostante, il "Terzetto" risultò accettabile, tanto che l'eminente critico Rodolfo Celletti lo considera, accanto a quello dell' "A te, o cara" dei PURITANI, uno dei dischi esemplari, addirittura un disco che fa testo, della vecchia produzione. Per la divina melodia belliniana, tremai e non dormii la notte precedente l'incisione. Temevo che a due metri di distanza la voce non sarebbe apparsa nella naturale espansione e lucentezza. Temevo che quel terribile "do diesis" sopracuto, a piena voce, avrebbe fatto andare la macchina d'incisione in frantumi. Cercai con estrema attenzione e diligenza, di legare e alleggerire i suoni affinché non mi si facesse ripetere il pezzo che "fa tremare le vene e i polsi" di qualunque tenore odierno. Perché il primo interprete, Rubini, emetteva quella nota in falsetto, a imitazione dei sopranisti che prima di lui e di Nourrit, sopraneggiavano nel registro cosiddetto "di testa", che oggi nessun pubblico consentirebbe. Allora non era dato all'artista ascoltarsi nel "provino". (...) Altra melodia scabrosa per l'incisione mi si affidava negli Studi della Victor: "Eran rapiti i sensi" dalla NORMA. Quella vocale "i" sul "do" acuto, costituiva un problema serio sotto l'aspetto tecnico dell'incisione sonora. Un salto di "quarta" a piena voce (sen-sì) poteva danneggiare l'intera registrazione. La quale, per altro, risultò nitida e carica di "élan vital": slancio degno di un Proconsole romano. (...) »
Del 1933 esiste uno spezzone di filmato (si tratta di una ripresa dal vivo di un concerto del 1933 in un teatro tedesco), nel quale Lauri-Volpi canta la seconda parte di "A te, o cara" in tono, inserito poi nel film "La canzone del sole" di Max Neufelt.
A te, o cara, amor talora
Mi guidò furtivo e in pianto;
Or mi guida a te d'accanto
Tra la gioia e l'esultar.
Al brillar di sì bell'ora,
Se rammento il mio tormento
Si raddoppia il mio contento,
M'è più caro il palpitar.
To you, oh dear one, love at times
lead me furtively and in tears;
now it guides me to your side
in joy and exhultation.
At the radiance of such a beautiful hour
if I renew my torment,
it redoubles my happiness,
'tis more dear the (heart's) beating.
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