Sinfonia
ATTO I
Scena 1
Gabinetto negli appartamenti di Ubaldo. Ubaldo siede presso una tavola, immerso in cupa tristezza: lo accerchiano i suoi nobili amici ed i famigliari della potente sua casa.
Coro
Ti scuoti, Ubaldo, e svelane
i crudi affanni tuoi:
Dolce ti fia dividere
l’ascoso duol con noi,
dolce versar le lagrime
in sen dell’ amistà.
(piano fra loro)
Muto egli resta, immobile!...
Ogni conforto è vano:
Ahi! l’infelice è vittima
del suo cordoglio arcano!
Ahi! volge a sera il misero
nell’alba dell’età!
Guido entra.
Guido
Diletto amico!...
Ubaldo (scosso dalla voce di Guido, sorge e lo abbraccio)
Qual cagion ti guida ne’ lari miei.
Guido
Svelarla a te soltanto io posso.
(ad un cenno di Ubaldo il Coro si allontana)
Del tuo valor, de’ prodi tuoi m’è d’uopo
l’alto soccorso.
Ubaldo
Parla.
Guido
È a te palese
che il fero Boemondo a me destina
dell’ orgogliosa figlia
il talamo superbo... io la detesto...
Altra dorma m’accese.
Ubaldo
E le promesse, o Guido, e la speranza
che l’antica possenza
risorga in te degli avi?
Guido
Cede tutto ad amor.
Ubaldo
Tu dunque?
Guido
Io volo del signor di Comino entro il castello
un asilo a cercar... diman qui riedo...
Accanto alla magion di lei che m’arde
un tempio sorge, col favor notturno
ivi la traggo, e sciolto
il voto nuzïal, fuggo repente
questa città dolente.
Pur sai che intorno delatori ascosi
erran tuttora; ove i disegni miei
discopra alcuno, assecurar mi dèi
tu con l’armi uno scampo
me ’l prometti?
Ubaldo
Lo giuro. – E qual si noma
colei che tua sarà dinanzi al cielo?
Guido
Elena degli Uberti.
Ubaldo (come colpito da un fulmine)
Elena!... (Io gelo!...)
Guido
Che fu?... t’assale un tremito! Hai di
pallore estremo tinte le gote!...
Ubaldo
Io?... Palpito per te...
Sol per te tremo...
Deh qual maligno genio,
amico, a te consiglia?
D’uom che fuggi al patibolo
amar puoi tu la figlia?
Puoi d’Ezzelin la collera
sul capo tuo chiamar?
Ah! no: ti cangia...
Guido
Ed Elena potrei dimenticar?
Tu non sai qual dolce incanto
qual poter m’avvince a lei:
È il destin de’ giorni miei,
è la vita, è la vita il ciel per me.
Io l’adoro; Iddio soltanto
per amarla un cor mi diè.
Ubaldo
(Tanto avversa, orribil tanto
la mia sorte io non credei...
Lei perduta, insiem con lei
ogni speme il cor perdè...
Sol per vivere nel pianto
L’esistenza il ciel mi diè.
Guido
Per temer del tuo coraggio...
Ubaldo
(Avversa sorte.)
Guido
...troppo, amico, io ti conosco.
Ubaldo
(Io fremo.)
Guido
Tu con l’armi uno scampo...
Ubaldo
(Che promisi?)
Guido
...assicurar mi dei.
Quando in mar disceso il raggio
fia del giorno, e l’aer fosco,
te domani, al fianco mio
presso il tempio rivedrò?
Ubaldo
(Che farò, che farò.) Sì...
Guido
Un amplesso... Un bacio... Addio...
Ubaldo
(Che promisi!... che farò!...)
Guido
In te riposo in te m’affido:
Sia l’amistade scudo all’amore.
Di gioia immensa ho pieno il core...
Ah! la divida tu pur con me.
Ubaldo
Sì, la tua gioia con te divido,
fia l’arlustade scudo all’amore...
(Più lacerato di questo core.
No, sulla terra un cor non v’e!)
(Guido parte. Ubaldo cade su una seggiola.)
(dopo qualche momento di silenzio)
La madre estinta il genitor fuggiasco,
di tue repulse, ingrata,
pretesti furo! amavi...
Ma non Ubaldo! – E renderò felice io...
il rivale, io stesso?
No. – Pur... Che mai decido?
Il tutto sappia Boemondo... Ah! Guido
io perdo, e non ottengo
la fatal donna!
(rimane taciturno colle braccia conserte, lo sguardo affisso al suolo; quindi si riscuote, come colui che ha già presa una determinazione.)
Si: rapirla... E fia
che l’amistà, che la giurata fede
si vilmente io calpesti?...
Cede tutto ad amor. Tu lo dicesti!
Scena 2
Sala adorna di quadri nel palagio di Sigifredo. A porte laterali e verone in prospetto che o risponde sul giardino.
Elena
Del tremendo Ezzelin, di Boemondo
qui suo ministro, nè di lui men crudo,
all’ire il padre s’involò!... Belluno
ricovera e difesa entro sue mura
al fuggente assecura.
Lieta son io, più lieta
il sol cadente mi vedrà domani!
Voti che amor formò, che benedisse
il consenso paterno,
benedirà domani anche l’Eterno!
Ah! si del tenero amor mio
al trasporto appena io reggo...
Gl’inni ascolte, l’ara io veggo
ove sposo diverra.
Sarò tua dinanzi a Dio,
tua per sempre, o mio diletto...
Si comprende in questo detto
quanta gioia il ciel creò!
Gualtiero entra.
Gualtiero
Elena? O... (avanzadosi dal verone)
Elena
Ebben, Gualtiero?.. Sembri agitato!..
Gualtiero
È vero... Tutta l’alma ho commossa...
Un peregrino, dalla romita via che al parco
adduce inoltrava guardingo; a lui d’incontro
io mossi...Ah! chi poteva immaginar
Soltanto!... Egli me segue... vedi...
Sigifredo entra. Egli appena arrivato protende le braccia ad Elena e getta il cappello che fa parte del suo arnese da pettegrano, e di cui l’ala rovesciata gli ombreggiava il volto. Gualtiero si ritira da una porta laterale.
Sigifredo
Figlia...
Elena
Tu, padre!...
Sigifredo
O figlia mia...
Elena
Qui riedi,
qui, dove a prezzo il capo tuo fu posto!
Sigifredo
Vano il fuggir tornò: cadde Belluno,
cadde in potere anch’essa
del barbaro Eccelino,
all’odio ghibellino
co’ miei seguaci un’ospital capanna
più di mi ascose, ma drappel gli sgherri
ne rintracciò....
Elena
Che ascolto!...
Sigifredo
In questo arnese, dalla notte avvolto,
a me soltanto il fato
scampar concesse... Al fianco tuo ritorno,
chè almen perir vogl’io
fra le tue braccia, o figlia...
Elena
Un calpestio l’udito mi feri!.. t’ascondi..
(Sigifredo esce dal lato opposto a quello onde si ritirò Gualtiero.) Gualtiero entra.
Gualtiero (comparendo sulla soglia)
Ubaldo s’appressa...
Elena
Egli!... Che fia?...
(ad Ubaldo)
Tu gungi ad ora ben tarda!
Ubaldo
In tempo a possederti ancora io giungo. Vieni.
Elena
Ah! dove?
Ubaldo
Ne’ lari miei.
Elena
Che parli?
Ubaldo
Donde non uscirai che mia consorte.
Elena
Che oseresti!
Ubaldo
Opporti a’ miei desiri, più, crudele, or non puoi...
Elena
Ciel!... tu deliri!
Ubaldo
Tremendo è il mio deliro! Ebbro d’amor
son io!... Forza è seguirmi...
Elena
Scostati... Cessa...
Ubaldo
Che indugi?
Elena
Oh Dio!... Parla sommesso...
(guardando atterrita dalla parte ove si nascose il padre)
Ubaldo
Ascolta: schiera è de’ miei raccolta
quinci dappresso...
Elena
(Io palpito!...)
Ubaldo
Che giova omai resistere?
Chi può sottrarti a me?
(accostandosi ad Elena, come per trascinarla seco)
Sigifredo entra. Egli ha deposte le spoglie di pellegrino e stringe nella destra il brando sguainato.
Sigifredo
Io...
Ubaldo
Sigifredo!.. Un demone qui lo conduce!...
Elena
Ahimè!...
Sigifredo
Un nume, un nume vindice
qui, traditor, mi guida:
L’onore in suon terribile
sangue domanda, e grida
e nel tuo sangue, o perfido,
l’oltraggio io laverò.
Ubaldo
Tutto m’investe un fremito,
corre all’acciar la mano;
dell’ira temeraria
dovrei punirti, insano...
Ma togliere al carnefice
i dritti suoi non vo’.
Elena
Ah! può scoprirti e perdere
un grido solo, un detto!...
Rammenta qual patibolo
hanno i crudeli eretto!...
Pensa che sopravvivere
la figlia a te non può.
Sigifredo
Snuda il ferro, ed esci meco,
o dirò che un vilto se;.
Ubaldo
Vile!
Elena (supplichevole)
Ubaldo...
Ubaldo
Io vile!... Ah cieco son di sdegno!.. Andiam...
Elena
No... dèi prima uccidermi, spietato...
(cadendo a’ pie di Ubaldo e stringendo gli le ginocchia)
Sigifredo
Vieni...
Ubaldo
Resta.
I seguaci di Ubaldo entra, poi Gualtiero, quindi un drappello di Armigeri.
Coro di Seguaci (accorrendo)
In tuo soccorso... qui costui!...
Sigifredo
(nel massimo spavento)
Nemico fato! Stuol di sgherri ai gridi accorso,
già si avanta...
Elena
Cielo! aita
Gulatiero, Elena
(spingondo Sigifredo verso i giardini)
Fuggi!....
Sigifredo
E tardi.
Armigeri
Che mai vedo!...
Ubaldo
(Ah, che feci!...)
Sigifredo (getta la spada)
(Son perduto.)
Armigeri
Il ribelle Sigifredo!
Si circondi
Elena (avviticchiandosi al padre)
Ah!...
Armigeri
T’allontana.
Elena
Non fia ver!...
Gualtiero
Di lei pietà...
Armigeri
Stolta, ed osi!...
Elena
Forza umana separarci non potrà.
Sigifredo
Figlia, addio... per sempre addio...
Al supplizio già m’appresto;
ma l’onor del sangue mio
sulla terra illeso io resto.
È confin di mie sciagure,
è trïonfo a me la scure...
Tu conforta il cor piagato,
miglior padre avrai nel ciel.
Elena
Padre... padre... crudeli... crudeli
Tigri...furie dell’averno,
quelle spade in me vibrate,
ma strapparmi al sen paterno,
fin ch’io vivo, non sperate.
Disfidiam la cruda sorte,
ne colpisca insiem la morte,
ed insieme, o padre amato,
ne raccolga Iddio nel ciel.
Ubaldo
(Ah! Che feci infelice Elena...
Oh! ciel ti conforta
Ohimè, maledettoio fui dal ciel.
Mi seguiro, al giunger mio,
lutto e morte in queste mura...
Quale un empio in ira a Dio
porto meco la sciagura!
Ho nel cor l!atroce morso
d’un terribile rimorso...
Ah! l’amico è vendicato,
maledetto fui dal ciel.)
Gualtiero
Trista notte... sventurato!...
Misera, oh ciel ti conforta
Oh! crudel.
Ho di morte in petto il gel!
Armigeri
T’apparecchia, scellerato,
al supplizio più crudel.
(Elena è divelta dal fianco del padre, e mentre lo vede allontanarsi ferocemente trascinato, cade priva di sensi nelle braccia di Gualtiero. Ubaldo si allontana desolato, la sua gente lo segue.)
ATTO II
Scena 1
Sala nel Palagio municipale. Boemondo ed Ubaldo, seduti.
Boemondo
Tutto è già fermo,
il silenzio profondo della notte
di Sigifredo avvolse
la prigionia: qual d’un estino in petto
nel cor de’miei tace l’arcano...
Ubaldo
E tace nel cor de’ miei pur anco.
Boemondo
Entro la rete Guido cadra. Giunge colei.
(sorgono)
(Elena entra.)
Elena
Me vidi, nella polve... a’ tuoi piedi...
Svena, svena la figlia, o Boemondo,
e viva il padre.
Boemondo
Al mio voler t’arrendi, ed ei vivrà.
Elena
Fia vero?... Imponi.
Boemondo
Ubaldo, l’irrevocabil mio comando a lei parla.
(Egli si muove per uscire. Elena fa qualche passo alla sua volta, in atto supplichevole e come per parlargli.)
Obbedir t’è forza... ciecamente obbedir.
(parte)
Elena
Pronunzia dunque la mia sentenza.
Ubaldo
M’odi, onde salvar del padre tuo la vita,
è mestier che ad Imberga
offra Guido la man.
Elena
Prosegui.
Ubaldo
Ed egli mai nol farà, se pria
fra voi non sorge una barriera eterna.
Elena
Quindi?
Ubaldo
Seguir tu dei altr’uomo all’ara...
Elena
Altr’uomo! E quel tu sei?
Ubaldo
È ver, son io, che avvampo, ardo, mi struggo
d’amor per te...
Elena
D’amor!... Quel reo tuo core
non conosce, non sa che cosa è amore.
Ubaldo
Il mio sangue i giorni miei
per l’amico io speso avrei...
Ma saperlo a te consorte!
Ma vederlo a te dappresso!...
Quest’ idea peggior di morte
mi sospinse a nero eccesso!
La mia fede ho vïolata...
L’amistade ho calpestata...
Ah! misura, o sconoscente,
L’ amor mio dal mio fallir!
Elena
Sorridendo il ciel m’offria
quanti beni un cor desia!...
Tutto perdo... me infelice!
Tutto sparve ad un istante!...
Dunque infida e traditrice
me saper dovrà l’ amante?...
Io sarò da lui spregiata,
maledetta, abbominata!...
No, tant’ oltre non consente
ad un’ alma Iddio soffrir.
Ubaldo
Dunque non vuoi?
Elena
Discendere vo’ pria nel freddo avello.
Ubaldo
Altri però precederti
deve, ostinata, in quello.
Già nel segreto carcere
s’innalza un palco... trema!
Quando del maggior tempio
udrai squillar l’estrema
ora del giorno, i complici
morran di Sigifredo!
O cedi, o sul patibolo anch’ei...
Elena (inorridita)
Ohimè! Padre! Non dirlo... Cessa, ah! Io cedo...
Sarà tua sposa.
Ubaldo
(Oh giubilo!...)
Fra poco, ed al cospetto di Boemondo,
apprestati a confermare il detto con giuramento.
Elena
Basti... Promisi... giurerò.
Ubaldo
Il genitor salvasti...
Elena
Guido!... Perduto io l’ho!...
Ubaldo
Ardera più vivo ognor
del mio cor l’immenso affetto...
Come un angelo s’ adora,
adorarti ognor prometto.
Anche un barbaro destino
lieto fia con te diviso...
Mi parrà di gioia un riso
Fin la morte in braccio a te.
Elena
O perduta mia speranza,
Fu dover l’abbandonarti.
Non tacciarmi d’incostanza...
Era figlia pria d’amarti.
È compito il mio destino.
Già la morte in sen mi piomba...
Non il talamo, la tomba
(volgendosi ad Ubaldo, con disperazione)
Apprestar tu devi a me.
Scena 2
Appartamenti di Boemondo. S’apre nel fondo un uscio segreto, dal quale s’inultra Guido, preceduto da molti uomini d’ arm che si allontanano per altra via.
Guido
Che fia! Nella cittade
ritorno appena, e come atteso al varco,
questi di Boemondo
guerrieri, o sgherri, a lui che favellarmi
chiede bramoso, per quell’ uscio arcano,
m’han tratto! Il cor m’intesi
palpitar qui giungendo...
Qual uom che pose entro temuto, orrendo
carcere il piè! – Terribile sospetto è
penetrato egli avrebbe?... Un crudo inganno
forse mi conduceva in queste porte!...
Forse m’attende qui vendetta e morte!
Entro al mio sangue immergere
Non ardirà la mano:
Pur, che non può quell’empio
quel mostro disumano,
di tradimenti fabbro
capace d’ogni orror?
Ma sia che vuol: del barbaro
l’ira tremenda io sfido.
Sospiro di quest’ anima
spento cadrò, ma fido
col nome tuo sul labbro,
col nome tuo sul cor!
Ma vien Boemondo!
Boemondo (entrando)
Incauto! M’è noto il tuo disegno:
Pur desta in me l’ingiuria
più sprezzo assai che sdegno.
Nè movo e te rimprovero
d’ un fallo già punito.
Guido
Che!...
Boemondo
Sconsigliato giovine!...
Guido
Ebben?
Boemondo
Tu sei tradito.
Guido
Da te.
Boemondo
No: dalla perfida che mancator ti rese.
Guido
Cessa...
Boemondo
Que cor volubile...
Guido
Taci...
Boemondo
D’altr’uom s’accese.
Guido
Calunnia vil!.. Possibile
non è cotanto eccesso.
Boemondo (con fermezzo)
E testimone, e giudice
Guido
Che mai dici?
Boemondo
sarai del ver tu stesso.
Guido
Io!... quando?
Boemondo
In breve.
Guido
(Oh smania!...) Odimi ancor.
(Boemondo gli accenna di tacere ed attendere quindi parte)
Parti!...
Dubbio crudele, orribile!...
Menti!... Ma pur?... Menti...
No, tu non sei colpevole,
alma dell’ alma mia...
Ah! se tradisce un angelo,
Ove trovar più fè!
O ciel, se deggio apprendere
infedeltà si ria,
ciel, ti domando un fulmine,
meglio è morir per me.
(parte)
Scena 3
Magnifica sala, pomposamente apparecchiata, per festeggiarvi la conquista di Belluno. Dame e Cavalieri della corie di Boemondo: Ubaldo è fra loro.
Tutti
Già Belluno al vento spiega
la bandiera d’Eccelino!
Pugni invan lombarda Lega
contro il ferro ghibellino.
Guelfi, l’Italia contrada
sgombra alfin di voi sarà:
All’impero della spada
ogni forza cederà.
Boemondo conduce Imberga, Guido li segue; al giungere di Boemondo tutti s’inchinano.
Boemondo
Di tanta gioia, cavalieri, a parte
vien la figlia con me.
(Le dame accerchiano Imberga: i cavalieri fan corona a Boemondo)
Imberga
Per voi di Feltre
sappian le genti, che l’età malvagia
lo astringe al sangue, ma non è clemenza
virtù straniera a Boemondo, e ch’egli
delle paterne colpe
l’onta e la pena ricader non lascia
Sull’ innocente figlia.
Boemondo
L’esempio giovi a contestare il detto:
Mirate or voi qual donna entra al mio tetto
accolsi.
(S’ apre una porta, donde comparisce Elena.)
Guido
(Elena!...)
Elena
(Guido!...)
Dame
Costei!...
Cavalieri
Fia ver! Del tuo mortal nemico la figlia!...
Boemondo
Sì, di lui
che rovesciar del mio signore in Feltre
tentava il seggio; egli campò fuggendo...
Del ribelle si taccia.
Elena
(Oh doppio core!)
Boemondo
Priva del genitore,
a lei manca un sostegno;
lo avrà. Possente cavalier ne vive
amante riamato... Or tu lo noma
e sciogli il giuramento,
che il rito nuzïal precede ognora.
Elena
(Ahi! dura terra, e non ti schiudi ancora?
Non trovo il detto!... Fatal momento!...)
Ubaldo
(Il cor mi trema!...)
Guido
(Ho l’alma incerta!)
Boemondo ed Imberga
(Io già ti provo, io già ti sento
della vendetta gioia suprema!)
Elena
(Parlarmi al core, voce paterna,
che sei pe’ figli voce di Dio...
Dammi costanza, bontade eterna,
poni l’accento sul labbro mio...
Ogni altro affetto mi taccia in cor...
Muoia la figlia pel genitor.)
Guido ed Ubaldo
(Un punto solo, un solo accento
può trista, o lieta farmi la sorte!...
Palpito, gemo, spero e pavento
qual uom sospeso tra vita e morte!
Di tema agghiaccio, ardo d’ amor...
A tanto assalto con regge un cor.)
Boemondo ed Imberga (piano ad Elena)
(Figlia crudele, se indugi ancor,
la tomba schiudi al genitor!)
Cavalieri e Dame (sommessamente fra loro)
(Ha l’alma incerta...Gli trema il core!
(Guido è turbato! – Ubaldo ancor!
Colei si tinse d’atro pallor!)
Boemondo
Svela pur gli affetti tuoi:
Troppo, o donna, omai tacesti.
Qui d’alcun temer non puoi:
(con mistero)
Io qui sono, io: m’intendesti?
Elena (è ancora esitante; ma ella vede balenare nel guardi di Boemondo una tremenda minaccia, quindi raccogliendo tutta la sua costanza, dice le seguenti parole, come persona già presso a morire.)
Amo... Ubaldo... e giuro a lui...
Fè... di sposa...
Guido
Ho il vero udito!...
(qual uomo che smarrisce la ragione)
Tu giurasti?... ed è costui?...
Si vilmente io son tradito!...
Empia... Infida... Oh! quale accento
rampognarti appien potria?
Elena
(Ahi! terribile cimento!...)
Guido
Va... non merti l’ira mia... ti dispregio.
(ad Imberga)
Un forsennato
chieder osa il tuo perdon...
Ah! dimentica il passato,
io tuo sposo, Imberga, io sono...
(a Ubaldo)
Tu però scontar dovrai
col tuo sangue, o traditor...
(si avventa contro Ubaldo, con la spada sguainata)
Ah!... son ebbro di furor...
Un demone presieda,
spergiuri, al vostro imene...
A voi non si conceda
un’ombra mai de bene...
Del talamo esecrato
vegli il rimorsa allato...
Se può, vi renda il cielo
Miseri più di me.
Elena
(Non v’ha supplizio eguale!...
Non v’ha più rio martoro!...
Ogni suo detto è strale!
Ad ogni istante io moro!
È gioia intanto all’empio
(osservando la gioja che traluce negli occhi di Boemondo)
di questo cor lo scempio!...
La tua giustizia, o cielo,
non porge aita a me?)
Ubaldo (a Guido)
D’Elena in sen m’ardea
il più cocente amore...
Squarciarmelo potea,
ma non cangiarmi il core.
Invan tua rabbia cieca
al mio legame impreca...
Sarà la terra un cielo,
d’accanto a lei, per me!
Boemondo ed Imberga
(Perfida, è questo un saggio
del tuo castigo appena:
Tremendo fu l’oltraggio,
sarà maggior la pena.
Strazio crudel t’aspetta,
e tanta e tål vendetta,
che della morte il gelo
men crudo fia per te!)
Coro (a Guido)
L’ira che t’arde in petto
spegni, o nascondi, insano.
A più sublime oggetto
porger tu dei la mano...
Non mai si basso amore
dovea macchiarti il core...
Lo copra eterno velo;
se puoi, lo nega a te.
(Guido si allontana nel massimo furore; tutti lo seguono, tranne Ubaldo ed Elena che disperatamente si abbandona sopra una seggiola.)
ATTO III
Scena 1
Sala nel palagio di Sigifredo, come nell’atto primo. Elena prostrata innanzi all’effigie di sua madre.
Elena
Madre, che in ciel sei del bel numer’ una,
e in lui t’affisi che non cape in mente
di noi bassi mortali, ah! tu m’ impetra
il fin di questa mia
vita non già, ma prolungata morte.
Troppo acerba è la prova, ed io mal reggo
debile, e sola...
Giunge alcun... Traveggo!..
(Guido entra)
Tu qui, mentre s’appresta
delle tue nozze il rito
nel vicin tempio?
Guido
Sì: pria che m’annodi
la catena fatal, che trascinarmi
deve alla tomba, io cedo al prepotente
desio di favellarti.
Tutto, per accusarti,
tutto s’ unisce... dal mio cor soltanto
sorge un ultimo grido
in tua difesa.
Elena
O Guido!...
Guido
Colà, di Boemondo
nella temuta soglia, orride voci
tu proferisti! Ma dettate furo
dall’alma? O forse un tradimento infame...
Il terror d’ una pena
Le strappò dal tuo labbro?
Elena
(Il cor ferito
con dura mano egli mi tocca!...)
Guido
Il vero svelar qui puoi,
soli qui siam. Favella;
ma pensa che decidi
la mia sorte, e la tua!
Elena
(M’investe un gelo!...)
Guido
Pensa che aprir mi dei l’inferno, o il cielo!
Ardon già le sacre faci...
Già di fiori è sparso il tempio...
Io sol manco...
Elena
Taci, ah! taci...
(Gelosia tremendo scempio fa di me!...)
Guido
Se più non m’ami,
sol dall’odio consigliato,
volo a stringere i legami
d’un imene sciagurato...
E ti lascio al tuo rimorso,
t’abbandono al tuo rossor.
Elena
(Bever deggio a sorso a sorso
questo nappo di dolor!)
Guido
Ma se dirmi ancor tu puoi:
t’amo, e fida a te son io:
Qui m’atterro a’ piedi tuoi...
Qual se fossi innanzi a Dio
Elena
(Madre, aita... o mi vedrai
vinta alfine in tanta angoscia...)
Guido
Ti discolpa, e mia sarai...
E vivrem beati in terra,
l’un dell’altro sempre accanto...
In un’estasi d’ amor!
Elena
(Dio, lo vedi... a tale incanto
non resiste umano cor!)
Guido
Parla... ah! parla, ed or ti guido,
or mia speme, appiè dell’ara.
Elena
(Ei triomfa...) Sappi, Guido,
Ch’io giammai.. (La campana del maggior
tempio suona l’ ultima ora del giorno:
Elena è presa de tremito convulso)
Guido
Finisci, o cara...
Elena (con l’accento della disperazione)
Ch’io giammai per te non arsi,
che d’Ubaldo è l’alma mia,
che fra noi barriera alzarsi
deve eterna...
Guido
Eterna? Il fia.
Corro al tempio, ed ivi, ingrata,
nuovi giuri scioglierò...
Questa man da te spregiata
offro ad altra... e poi... morrò!
Ah! tradisti d’ogni amore
il più fervido, il più santo...
Lacerasti, o cruda, un core
che vivea per te soltanto...
Ahi! pensiero non intende
le mie smanie atroci, orrende..
Il dolor che fai provarmi
ti perdoni il ciel, se può.
Elena
Vanne all’ara, e benedica
i tuoi voti un Dio d’amore...
Abbia pur la mia nemica
la tua destra, ed il tuo core...
Una stilla del tuo pianto
sia concessa a me soltanto...
Ah! ne aspergi i freddi marmi
Ove in breve dormirò.
(Guido parte disperato: Elena si ritira.)
Scena 2
Gabinetto negli appartamenti di Ubaldo, come all’atto primo.
Ubaldo
Oh inaudita perfidia!... Oh sanguinoso
orribil tradimento!...
Nella profonda sotterranea volta,
in cui fu tratto Sigifredo, io mossi,
onde affrettar l’istante
che i lacci suoi scioglier dovea... Ma quale
ahi! qual s’offerse a me vista ferale!
Al chiarore di lugubri tede
vidi un palco di sangue bagnato!...
E balzar del carnefice al piede
il suo capo dal busto troncato!
Quella cruda, terrible scena
ho presente al pensiero tuttor!...
Ed un gel mi ricerca ogni vena!
I capelli mi drizza l’orror!
(si getta a sedere. Un momento di silenzio.)
Quando fia noto l’orrido inganno,
qual della figlia sarà l’affanno!...
(sorgendo)
Ahime! che prezzo della sua mano
era la vita del genitore!
Dunque io la perdo!... ho dunque invano
Di grave colpa macchiato il core!...
Or che mi resta? – Che? Vendicarmi.
Olà?
(La gente di Ubaldo entra.)
Ubaldo
Miei prodi, solgete all’armi...
Lo sdegno guelfo che in sen vi cova,
sbocchi a vendetta di molte offese...
Elena ancora veder mi giova...
Ma s’ella nega... ma s’ella apprese...
O Boemondo, dell’empio eccesso
ragion col ferro ti chiederò.
Coro
L’ardir sopito, l’odio represso,
un sol tuo grido in noi destò.
Ubaldo
Se deggio perdere l’amato oggetto,
la vita un peso divien per me;
siccome al reprobo, al maledetto,
che la speranza del ciel perdè...
Ma trema, infame, ho brando e core...
Fiumi di sangue scorrer farò....
Giuro commettere qualunque orrore...
Più scellerato di te sarò.
Coro
Giunse il momento vendicatore!...
E cielo e terra colui stancò.
(partono)
Scena 3
Stanza di Elena: due porte laterali, ed in fondo gran verone aperto da cui scorgesi la cupola della eattedrale: è notte; un doppiere arde sur una tavola.
Elena pallido eome la morte, e giacendo sopra un seggiola. Gualtiero le sta mestamente dappresso.
Elena (sorge agitatissima: il suo piede è tremolo, fioca la sua voce)
Condurre Ubaldo in libertà dovea
fra queste braccia il padre...
Della promessa già trascorsa è l’ora,
ma pur... La sua dimora
Gelar mi fa!
Gualtiero
Pavento anch’io...
Elena
Al carcere paterno, e la cagion
del fero indugio chiedi.
Gualtiero
Oh cielo!... e posso, e deggio nello stato
crudele in cui te veggio, lasciarti?...
Elena
Sia preghiera, o sia comando,
va, non tardar... se resti, l’incertezza
m’ucciderà.
(Gualtiero parte: tutto ad un improvvisa luce si diffonde nella stanza.)
Che fia!...
Mi balza il core!...
(accorre vacillando al verone)
Oh vista!....
Il nuzïal corteggio!
È Guido... ah! Guido
presso la sua!... Non posso,
non posso dirlo. Ahimè!.. giungono al tempio!
Varcan la soglia!.. No... crudi! fermate...
Ch’io muoia innanzi... almen, deh! rispettate
questi d’un’infelice
momenti estremi... Ah! già dagli occhi miei
Sparvero!... Morte, e così lenta sei?
(intanto s’ode lo squillo delle campane suonati a festa, ed il seguente)
Coro
O tu che i mondi innumeri
d’un cenno e festi e reggi,
tu che dettasti agli uomini
d’amor le sante leggi,
volgi sull’ara pronuba
un guardo di favor;
e stretti in sacro vincolo
fa di due cori un cor.
Elena
Tace la squilla!... cessano
i cantici devoti!...
Tristo, fatal silenzio!...
Egli... or... pronunzia i voti!...
Fu detto il sì terribile,
fu detto, il cor l’udi!
(Cade in ginocchio, ed alsa al cielo i lumi irrigati di lagrime.)
Per quest’ orrendo strazio
che mi conduce a morte...
Di lui, di lui propizia,
rendi, signor, la sorte...
Guido non è colpevole...
Un empio lo tradi!
Chi giunge?
Ubaldo... 0h palpito mortale!...
(Ubaldo entra con seguito.)
Il genitore ov’è? Rispondi...
Ubaldo
Calmati...
Udrai... Ma qual pallore!...
Qual angoscioso anelito!...
Donna! tu manchi!... Oh Dio!
S’aiti...
Elena
No... scostatevi...
Il padre... il padre mio?
Padre... deh! padre... affrettati...
Se indigi... troverai
Spenta la figlia...
Gualtiero (entrando)
Oh misera!
Più genitor non hai...
Mira di lui che avanza...
(le porge la sciarpa di Sigifredo insanguinata)
La scure lo colpi.
Ubaldo
Elena!... (ella si accosta la sciarpa alle labbra; ma presa di sincope mortale piomba al suolo.)
Gualtiero e Coro
Oh ciel!!!
Ubaldo
Mori!...
(Cacciando disperatamente le mani fra’capelli. Gualtiero, soccorso dalla gente di Ubaldo, rialza Elena, e l’adagia su una sedola. – Breve silenzio, – Elena riapre languidamente gli occhi, che restano affiasi al cielo, qual di persona respita di visione celeste.)
Elena
No, non e spento il padre:
Egli lassù m’attende..
Ecco la man mi stende...
Io corro... io volo a te...
Nell’estasi beata...
Del tuo paterno amplesso,
il cielo, il cielo istesso...
Più bello... fia... per me!
(spira)
Ubaldo (In ginocchio presso l’estinta)
Tutta la vita... in lagrime...
Sul cener tuo... vivrò...
Gualtiero e Coro
Dal ciel mancava un angelo...
Iddio lo ricchiamò!
FINE DELL’OPERA